Ho visto cose che voi
umani non potete nemmeno immaginare.
Ho visto gironi di fango
dove bikers dannati si torcevano in eterno avviluppati ai telai delle loro
povere bici.
Ho visto un baratro fangoso dove gli atleti si tuffavano a
capofitto tirando inutilmente al massimo le cordine dei freni esausti e
finivano, i più fortunati, in un laghetto melmoso fino a mezzaruota. I meno
fortunati finivano invece di testa ai lati del baratro trascinando la bici sopra
di se in rovinose cadute. Ho visto udacini camminare a fatica nella melma che
toccava il movimento centrale trascinando biciclette ormai pesanti come harley.
Ho visto lavare una bici direttamente nel torbido torrente che costeggia il
devastato percorso di guerra in mezzo al bosco. Ho visto uomini seminudi che a
fine gara, con una temperatura che si aggirava sui 5 gradi, si lavavano con le
stesse canne del lavaggio bici.
Ho visto però faccie
serene, visi devastati dal fango ma sorridenti, Sandro Bramati che mi mostra
soddisfatto la sua Alan rinata dopo il delicato intervento chirurgico. La
Cortinovis, che rimane bella anche ricoperta di pantano, che mi dice sconsolata
“… tanto fango, tante cadute …” ma
gli occhi che spuntano dalla fanghiglia non tradiscono la serenità e la voglia
di riprovarci. Carmine che si avvicina alla fine della sua gara è anche lui,
come tutto e come tutti, completamente ricoperto di fango e vuole abbracciarmi
scherzosamente ma lo evito, vorrei salvare almeno la mia giacca a vento dalla
lavatrice questa sera. Poi si rivolge a mio figlio e dice: “vedi queste non sono gare ma prove di
sopravvivenza, cioè se uno passa indenne e porta a termine una prova così
allora può fare tutto nella vita, qualsiasi lavoro le venga sottoposto”.
Biagio lo ascolta e lo osserva con devozione e rispetto a differenza di quando
parlo io che non mi ascolta mai, boh?
Ho anche visto il NOSTRO
presidente Alberto Filippini, con cappotto e cappello, inforcare una bici da
donna con una mano sul manubrio e l’altra a reggere un ombrello e sfrecciare
sul percorso per raggiungere la zona di partenza (però che gamba che ha ancora
il presidente! E con una mano sola!).
Ho visto i nostri due
valorosi bikers della Iride, Ivan Ciocca e Luca Cerutti, cavalcare i loro
velocipedi e battersi come antichi cavalieri medievali in un oceano di fango.
Ho visto persino Ivan superare all’ultimo giro l’ottimo Carlo Forzani, con un
sorpasso incredibile sul punto più ripido del dirupo fangoso. Forse gli hanno
ceduto i freni e suo malgrado ha acquisito una folle velocità rimanendo in
piedi per miracolo. I freni stridevano, il fango si accumulava ad ogni giro sui
telai, sui cambi, sulla faccia, sin dentro nell’anima; le mani sporche e
bagnate alzavano le bici e le spingevano nei prati pesanti di pioggia. Ad ogni
giro i colori dei vari Team assumevano un unico colore: quello marrone del
fango. Grande spettacolo! Questo è ciclocross.
Insomma, era un’altra di
quelle giornate da starsene in casa tutto il pomeriggio a guardare la tv o al
massimo a fare una passeggiatina al centro commerciale. Questi atleti invece
hanno voluto rompere la logica di un’altra domenica sul divano (sarebbe stata
la 5° consecutiva con il brutto tempo!) e non sono stati a guardare alla
finestra e con le loro fedeli biciclette hanno affrontato una giornata di
ciclismo d’altri tempi. Sotto la pioggia novembrina hanno lottato come leoni
immersi nel fango delle colline di Cavallirio ed hanno portato a termine una
delle più dure gare del master di ciclocross. E’ difficile spiegare con le
parole quello che ho visto e purtroppo non ho nemmeno una foto ma vedremo
quelle sul sito del master. Sono stato testimone di una impresa epica. Grazie
ragazzi, esempio per i pigri e consolazione degli afflitti. Grazie Master.
“Ciclisti … che gente!”