mercoledì 1 settembre 2010

PASSO DELLO STELVIO (2.760 m.) DA PRATO ALLO STELVIO: 48 TORNANTI VERSO IL CIELO

Mercoledì 1° settembre ho lasciato la Fiera di Verona nel primo pomeriggio e mi sono subito diretto a vele spiegate verso Trento e Bolzano. Tre ore in auto, prima in autostrada e poi sulle strade che tra sterminate piantagioni di mele da Merano portano a Prato allo Stelvio. Un piano preordinato in tutti i minimi particolari.
Previsioni del tempo ottimali per due giorni. Sereno anche se piuttosto freddo. Era da tempo che sognavo di fare la salita al Passo dello Stelvio dal versante altoatesino. Ed era finalmente arrivato il momento giusto.
Avevo finora scalato lo Stelvio in bici soltanto da Bormio nel 2000, poco dopo essermi rotto un gomito cadendo banalmente in una gara cicloturistica. A quei tempi ero più giovane e scattante, nonché desideroso di ritornare in piena forma dopo la lunga convalescenza. Subito dopopranzo avevo raggiunto il Passo dello Stelvio a tempo di record e avevo sorpreso gli amici che mi aspettavano per il tè a Bormio per la velocità della mia impresa. Poi non mi era mai più capitato di ritornare sulla Cima Coppi.
Il Passo dello Stelvio da Prato e Trafoi è davvero una salita sontuosa: il secondo passo asfaltato più alto d’Europa dopo il Col de l’Iseran assieme al Col de la Bonnette. Con questi due altri valichi, entrambi in territorio francese, lo Stelvio ha in comune la lunghezza dell’ascesa, circa 25 Km, e fantastici panorami. Ma ciò che più caratterizza lo Stelvio da Prato sono i 48 spettacolari tornanti che portano al valico, specialmente gli ultimi, somiglianti ad una scala tortuosa verso il cielo.
Arrivato a Prato allo Stelvio prima del previsto e presa una camera in un albergo, mi è venuta la tentazione di salire al Passo già in serata, anziché l’indomani come era da programma. Così mi sono preparato in fretta e furia e sono uscito con la bici verso le 17:30 diretto verso Trafoi. Il cielo era completamente sereno e il sole caldo del fondovalle invogliava a tenere un bel ritmo. Ma una volta entrato nella valle ho subito capito che di sole da lì in poi ne avrei visto ben poco. Infatti, l’ombra era già scesa sino alla strada ed il freddo aumentava sensibilmente con il passare dei chilometri. Per di più ero partito baldanzoso con i pantaloni corti.
In meno di un’ora, con le gambe ormai congelate, raggiungevo Trafoi, dove c’è l’albergo di Gustav Thoeni. Ma, fatto poco più di un altro chilometro, tanto per convincermi fino in fondo che non era proprio il caso di proseguire, decidevo di arrendermi. Il repentino calare della sera ed il freddo sempre più intenso mi hanno definitivamente spinto a tornare indietro. Questa esperienza però mi è servita perché, ridisceso a Prato, ho avuto il tempo di acquistare in un negozio di ciclista un sottocasco e uno scalda gola che mi sarebbero poi stati molto utili il giorno successivo in discesa.
Giovedì 2 settembre mi sono svegliato alle 7:00 e dopo un’ora ero già di nuovo in marcia verso l’agognata meta. Una giornata splendida con un fantastico cielo azzurro, ma freddissima, con soli 5 gradi a Prato all’alba, figuriamoci sullo Stelvio!. Lasciata l’auto e le valigie in albergo, questa volta vestito di tutto punto, con tanto di pantaloni lunghi e maglia con le maniche lunghe della Edison, ho cominciato l’impegnativa salita.
Fino a Trafoi, con la sua bella chiesa svettante tra i prati, si sale a buona andatura e si superano solo due tornanti ravvicinati, il n. 48 e il n. 47. Poi comincia tutt’altra musica. Da lì la salita si può dividere sostanzialmente in due tronconi. Il primo attraversa con diversi tornanti un fitto bosco, alternando tratti costanti a brevi ma ficcanti muri. Il secondo è esposto e sale con relativa regolarità ma incessante fino al Passo con un’interminabile serie di altri tornanti scavati nella roccia, diversi dei quali risistemati di recente. Dopo un ristorante posto sulla sinistra per chi sale, a circa quota 1.860 m., ci sono quattro chilometri con una pendenza media intorno al 9%. E’ il tratto più duro di questa seconda parte, assieme all’ultimo Km. dove si supera il 9,5%.

Salendo mi fermo spesso a scattare qualche foto panoramica sotto l’imponente mole dell’Ortles che domina la valle. Essendo partito presto incontro poco traffico ed è un gran vantaggio. Infatti, più tardi, in discesa, incrocerò decine di ciclisti intrappolati tra moltissime auto e moto, spesso costretti a rallentare o a fermarsi, specie nelle curve, dove molti pullman devono necessariamente fare manovra. 
Credo di aver raggiunto il Passo dello Stelvio in poco più due ore, senza fretta ma tenendo un ritmo regolare. Ormai guardo poco l’orologio in salita, faccio il turista e mi piace farlo bene. Al valico mi fermo giusto il tempo per ammirare il panorama e scattare altre foto. Poi mi butto a capofitto nella lunga discesa. Mi attende ancora un’impegnativa giornata. Devo raggiungere Bormio in auto dove devo incontrare degli amici e poi rientrare a casa passando dalla Valtellina: un viaggio veramente estenuante, altro che lo Stelvio in bici!
A Prato, faccio una doccia rilassante in albergo. Poi carico sull’auto la mia nuova Colnago EPS, oggi degnamente battezzata, e riparto verso il Passo dove mi concedo finalmente una pausa. Adesso sì che mi posso godere con calma un panino con wurstel e crauti e una bella birra prima di tuffarmi lungo i 34 tornanti che portano a Bormio. Sommando quelli che ho fatto in bici e in auto da Prato a quelli in discesa dal Passo dello Stelvio a Bormio sono in tutto 130 tornanti in un giorno: roba da far girare la testa!

Marco Fortis