venerdì 28 agosto 2009

I MIEI APPENNINI - Bedonia (PR)

Si dice che qualche anno fa un tipo un po’ svitato appassionato e proprietario di animali esotici abbia liberato una pantera nera nella zona del Monte Penna, selvaggia montagna sulla cresta spartiacque tra Emilia e Liguria.
L’animale, che si pensava non avrebbe superato il rigido inverno appenninico, si è invece adattato al clima e soprattutto all’ambiente venendosi a trovare al vertice della catena alimentare di quei luoghi, ricchi di selvaggina di ogni tipo. Sembra che la Forestale abbia organizzato ripetute battute di caccia per catturare la fiera ma invano. Il territorio in questione è vastissimo e tocca il confine di 5 regioni: Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia e Toscana. Continui avvistamenti anche negli anni successivi hanno confermato che la pantera è ancora viva e gode di ottima salute. L’unico sollievo per i cicloamatori che si avventurano in quelle creste è che la belva è un’animale notturno e caccia solo di notte, quando le bici sono ferme in garage. Scherzi a parte la zona pullula di cinghiali, il cui incontro è pericoloso quanto e forse più della pantera, ma anche di lupi e, da qualche tempo, è stato reintrodotto pure l’orso, per completare il quadro.
Dopo questa introduzione zoologica veniamo a me. Dopo aver girovagato con la mia Colnago Extreme per una decina di giorni sulle colline parmensi intorno a Fidenza (che ormai conosco come le mie tasche) ed aver così acquisito una discreta forma, mi sono finalmente deciso ad affrontare un percorso più importante ed impegnativo sui passi appenninici. E’ vero anche che la mia discreta forma intanto è stata negativamente intaccata dall’aumento di peso corporeo per colpa delle succulenti e prelibate cenette del meraviglioso agriturismo “Il Tondino” di Fidenza dove ho soggiornato in questo periodo di vacanza.
Comunque all’alba di venerdì 28 agosto metto la bici sulla Multipla e mi avvio verso Bedonia, nell’alta valle del Taro, per accingermi ad affrontare forse uno dei percorsi più impegnativi da me mai compiuti.
Ho anche la fortuna di avere un compagno d’avventura d’eccezione, Leonardo da Melzo, che ringrazio, esperto cicloamatore, Allievo FCI in gioventù, nonché preparata guida di tutta l’area dell’Appennino parmense, che mi conduce con precisione e competenza durante tutto il bellissimo tragitto.
Alle ore 8:00 già in sella alla bici da corsa in località Bedonia affrontiamo il primo dei ben 5 passi Appenninici sullo spartiacque tra Emilia e Liguria in questa sequenza:
-          Passo di Monteavacà (breve con salita costante)
-          Passo del Tomarlo (lunghissimo con salita costante)
-          Passo della Forcella (falsopiano tendente a salire)
-          Passo del Ghiffi (lungo e durissimo)
-          Passo del Bocco (scendendo)
transitando tra le provincie di Parma e Genova, sfiorando anche le provincie di Piacenza e La Spezia. Circumnavighiamo così il mitico Monte Penna, un’imponente sperone roccioso che si erge al culmine di maestosi pendii ricoperti da foreste millenarie, passando tra il Penna ed il Maggiorasca, i più alti monti del Levante Ligure. Panorami mozzafiato, natura selvaggia ed incontaminata, paesini sperduti nelle infinite valli appenniniche ed isolati dal resto del mondo.
Alle 13:30, dopo 5 ore e mezzo, arrivo nuovamente a Bedonia, dopo una lunga cavalcata di 110 km con 2500 metri di dislivello, sinceramente un po’ provato mentre il mio socio non lo sembra affatto (sarà molto più allenato di me!).
Allego foto cartelli stradali dei passi attraversati con panorama del Monte Penna nonché altimetria del tragitto del mio fedele GPS Garmin che però purtroppo ha agganciato il satellite 2 km circa dopo la partenza. Un’ultima cosa, l’unica pantera nera avvistata su quei crinali è stata la mia Colnago Extreme C, nera come il carbonio.
Concludo con una nota fornitami dal mio preparatissimo amico Leonardo: nel Giro d’Italia 1994 si svolse la durissima tappa cronoscalata Chiavari-Passo del Ghiffi, vinse Berzin, 2° Pantani, 3° Indurain, un trio mica male …