domenica 29 aprile 2001

Medio Fondo Briko -Giro del Mottarone, Arona

(km 110, dislivello complessivo circa 1.300 m)

Anche il Giro del Mottarone è una competizione che merita di essere trattata in questo numero della nostra rivista per almeno tre motivi: a) perchè incorpora due salite della nostra zona di particolare bellezza, la Lesa-Comnago e la Locco-Gignese-Sovazza-Coiromonte; b) perchè anche questa gara si è appena disputata, il 29 aprile scorso, con una buona prova del sottoscritto che, dopo gli improduttivi rettilinei della Barale-Barale, ha finalmente ritrovato sulle salite cusiane e del Vergante la propria identità di scalatore; c) perchè ci consente di svolgere alcune riflessioni sulla valenza più o meno nefasta del numero 17.
Cominciamo, innanzitutto, con alcuni appunti sulle salite del percorso. La Lesa-Comnago l’ho scoperta due inverni fa, grazie ad una gita con Gianni Borgatta e Maurizio Borella. E’ una salita di 4,3 km, abbastanza regolare, che attraversa gli assolati balconi verdeggianti e fioriti del Vergante. La pendenza media è del 6,1%, quella massima del 9%. Dopo lo scollinamento di Comnago e la successiva discesa nel bosco sino a Carpugnino, superato il paese e il raccordo con l’autostrada, inizia in località Locco la salita sino a Gignese, di km 4. La pendenza media di questa seconda asperità è del 5,2%, quella massima del 10%, che si tocca in prossimità del “muro” subito dopo Vezzo (qui molti corridori poco preparati cominceranno a soffrire...). Un’ultima rampa conduce finalmente al rettilineo che precede Gignese, a quota 660 m. A questo punto, superato il ponte appena fuori il paese e un breve strappetto, prende il via la veloce discesa sino a Sovazza, dove inizia la salita verso Coiromonte, di 3,5 km. Va subito detto che questo è il versante meno impegnativo per giungere a Coiromonte, con una pendenza media del 6,3% (da Armeno la salita è più dura). La pendenza massima, del 12%, si tocca subito dopo l’ingresso in paese sulla secca svolta a destra della circonvallazione che conduce allo scollinamento in prossimità della strada secondaria che porta alle Tre Montagnette. La salita a Coiromonte (da Sovazza o da Armeno) è una delle perle della nostra zona. Merita un approfondimento, che effettueremo in uno dei prossimi numeri.
Cronaca della gara. Mi sveglio alle 6.30 e guardo sconsolato fuori dalla finestra. E’ ancora buio, piove a dirotto e le strade sono bagnate: una tristezza. Sono passati solo quattro giorni dalla “Barale-Roubaix”. Due corse ciclistiche con la pioggia in una settimana mi sembrano davvero troppe. Inoltre, ieri al ritiro del pacco gara ad Arona mi è stato assegnato il numero 17 (non certo beneaugurante): faccio uno più uno e, tenuto anche conto che proprio al giro (allora solo cicloturistico) del Mottarone di due anni fa mi ero rotto un braccio coinvolto in una caduta, torno rapidamente a letto. Meglio non rischiare. Scendere con l’asfalto bagnato da Coiromonte non deve essere piacevole... Tuttavia, non riesco a rassegnarmi. E se poi il tempo migliora? Dopo mezz’ora di dubbi, mi alzo di nuovo e decido di partire anche con la pioggia. Il percorso corto del Giro del Mottarone è infatti uno dei miei preferiti: conosco bene le discese e il circuito mi piace perchè la salita da Lesa a Coiromonte fa subito selezione. Inoltre, lo scorso anno sono arrivato 7° tra i veterani 1, una buona prova, che mi ha ripagato un poco della sfortunata prova del 1999 e delle successive sofferenze chirurgiche ed ospedaliere.
Dopo una rapida colazione, carico le borse sull’auto e parto a gran velocità, perchè sono in ritardo. Il coraggio viene premiato: a Gravellona la pioggia cessa e dal quel momento non cadrà più fino al pomeriggio: fortuna che mi sono deciso! Entriamo nelle griglie sotto un cielo plumbeo. Cerco con lo sguardo il cadetto Ongaro, ma non lo vedo. Forse non è venuto. Sono presenti tantissimi corridori. Alla fine arriveranno al traguardo in 859 nel percorso della Gran Fondo di 125 km e in 475 (più 4 squalificati) nel percorso di Medio Fondo di 110 km, quello da me scelto. In totale 1334 arrivati: un notevole numero per questa manifestazione, inserita nel Giro delle Regioni.
Alle 9.30 si parte. Dopo un solo chilometro prendo secco un tombino e perdo la seconda borraccia, quella con le maltodestrine. Cominciamo bene... Si procede a velocità sostenuta sino a Lesa, con il gruppone sgranato ma sempre oltre i 40 km/h. Affronto la salita di Comnago con prudenza (temendo gli effetti dell’acido lattico accumulato alla Barale-Barale). La velocità rimane però sempre intorno ai 17-18 km/h. La discesa sino a Locco va presa con le pinze. Il manto stradale è rovinato. Molti ciclisti scendono imboccando traiettorie improbabili e pericolose. Quando la strada si allarga e riprende a salire comincio finalmente a rilassarmi. Supero Vezzo a tutto gas ed anche sugli strappi che precedono Gignese mi sembra di andare abbastanza bene, alle costole di un gruppetto di giovani ed animosi scalatori. Nella discesa fino a Sovazza sono immancabilmente superato da diversi corridori, ma non mi perdo d’animo: c’è ancora la salita di Coiromonte per ripareggiare i conti. E’ qui che molti atleti entrano in crisi, rallentando vistosamente. Basta salire regolarmente a 15-16 km/h per sorpassarne parecchi. Ciò è un bene per me perchè poi sull’asfalto bagnato della discesa fino ad Armeno manterrò prudentemente una velocità molto ridotta e diversi ciclisti mi riprenderanno. Non vedo l’ora di arrivare ad Omegna e di ricominciare a salire. Presso la Trattoria Toscana tra i tifosi c’è Roberta Borella che mi incita. Mi scuoto un po’ dal torpore che immancabilmente producono su di me le discese. Guardo il computerino: la velocità media sin qui è stata di 27,8 km/h, sorprendentemente superiore a quella che avevo realizzato sull’intero tracciato dello scorso anno. Non va dunque poi così male... Decido di convertire stabilmente il ciclocomputer sulla velocità media. Se riuscirò a rimanere sopra i 27,8 km/h fino al traguardo farò infatti meglio che nel 2000: è matematico. Ma per conseguire questo obiettivo devo spingere sino a Cesara al massimo delle forze. Attacco subito sino alle 4 Strade ad oltre 30 km/h e proseguo poi come uno stantuffo fino a Brolo a 24-26 km/h! Finalmente sono entrato nello spirito giusto della gara. Supero numerosi corridori prima di Nonio e scollino solitario a Cesara. La discesa fino a San Maurizio non mi fa paura. La conosco a memoria. Freno solo in un paio di curve.
Ad Alzo mangio una banana e nel levarla di tasca perdo il fazzoletto. Al posto di ristoro prendo una bottiglietta d’acqua. La sistemo sulla bici, ma fatti cento metri inforco l’ennesima buca e anch’essa cade: oggi non si beve... Mi rimane solo mezza borraccia di sali minerali fino al traguardo. Si forma un buon gruppetto di una decina di corridori. Ci diamo il cambio con regolarità. Apprendo però tristemente che tutti quelli che mi sembrano più in gamba hanno intenzione di optare per il percorso lungo. A Vaciago incontro anche il compagno di squadra Viganò che è venuto a vedere la corsa e pedalerà con la sua mtb per qualche centinaio di metri assieme a noi. Salutato Andrea, decido di allungare e di abbandonare i compagni: loro infatti cominciano a dosare le forze per affrontare il Mottarone, io invece devo mantenere alta la mia media oraria. Sullo strappo di Ameno li distacco con un deciso fuori sella e da quel momento pedalerò praticamente solo sino al traguardo. Tra Armeno e Gignese supero diversi ciclisti affaticati e pedalo per un breve tratto assieme ad un corridore che poi mi abbandonerà sulla discesa di Vezzo. Però scendo forte anch’io, più del solito. Ad un certo punto tocco i 60 km/h. Quando arrivo a Carpugnino non riesco a crederci: il ciclocomputer segna 28,7 km/h di media. E’ un bel risultato dopo le fatiche della Barale-Barale di quattro giorni fa, dopo la prudentissima discesa che ho effettuato da Coiromonte sino ad Omegna e i ripetuti saliscendi da Gozzano a Gignese, dove mi sembrava di non aver spinto molto. Le forze sembrano rinnovarsi e accelero a tutto gas sulla discesa sino a Brovello a 50 km/h, poi sulla salita di Massino Visconti tengo l’andatura ad oltre 25 km/h. I minuti scorrono lenti e il traguardo si avvicina velocissimo, che meraviglia! Nemmeno lo strappetto di Nebbiuno e la salita di Montrigiasco ormai possono più fermare la corsa del ciclocomputer che si avvicina sempre più ai 29 km/h di media. Sulla discesa nei pressi della statua del San Carlone sono superato da una quindicina di corridori, ma non mi dispero più di tanto. Arrivo solitario al traguardo di Arona in 3 ore e 47 minuti, dieci minuti in meno dello scorso anno (quando la gara si svolse ai primi di luglio, ben più avanti nella stagione)! La media è di 29,1 km/h, quasi come quella che ho fatto segnare alla Barale-Barale, che però aveva oltre 500 metri in meno di dislivello. Confesso che per un po’ ho addirittura pensato di aver vinto la gara della mia nuova categoria, i veterani2. Infatti, avevo impressa in mente la classifica della gara del 2000, quando con il tempo di quest’anno sarei giunto 1° tra i veterani2 oppure 4° tra i veterani1 (la mia vecchia categoria). Ma quest’anno la competizione è stata molto più selettiva, con una più ampia partecipazione di atleti venuti anche da fuori provincia. Quelli della Winning Time appendono finalmente le classifiche alla bacheca. Leggo: sono 4° nella mia categoria (su 50 arrivati), 145° assoluto (su 475 arrivati). E’ stata la mia migliore gara di tutti i tempi dopo la Caltignaga-Quarna dello scorso anno.
Riflessioni conclusive: difficile dire se il numero 17 (quello del mio pettorale) porti sfortuna o no. L’esperienza di questo giro del Mottarone non fornisce infatti un verdetto preciso. Fatti negativi: ho dimenticato a casa gli occhiali, ho perso una borraccia, una bottiglietta d’acqua, un fazzoletto e mi sono illuso per una ventina di minuti di aver vinto la corsa nella mia categoria. Fatti positivi: miracolosamente non è piovuto (in pratica il tempo è rimasto asciutto solo durante la gara!) e mi sono classificato comunque molto bene, certamente meglio di quanto non mi aspettassi alla partenza. Morale: mi accontento di ciò che di buono ho fatto. E per fortuna che non sono rimasto a letto...


Marco Fortis